Teatro

A Positano appassiona la nuova sceneggiata firmata da Carmine Borrino

A Positano appassiona la nuova sceneggiata firmata da Carmine Borrino

Uno degli spettacoli coprdottti dal Positano Teatro Festival, diretto da Gerardo D'Andrea, porta la firma del giovae Carmine Borrino, ed è stato uno degli spettacoli di maggior successo del festival appena concluso . Drammatico e brioso, "Core spezzato", scritto, diretto ed interpretato dall’arguto e brillante Borrino con l’elaborazione musicale del perfetto Mariano Bellopede, trae il proprio titolo da una canzone che fu interpretata con grande successo da Mirna Doris alla XVI edizione del Festival di Napoli, una canzone che racconta in maniera struggente il dolore conseguente ad una delusione d’amore. Già da questo dettaglio, emerge l’intenzione autoriale di fare di questa rappresentazione una sorta di declinazione attuale di un modello tradizionale – quello della sceneggiata appunto – la cui architettura scenica e drammaturgica si imperniava intorno ad una canzone di grande successo che, in qualche modo, diveniva elemento di fusione artistica per la realizzazione dell’atteso e popolare melologo.
Core spezzato, però, non è un’operazione di pedante filologia teatrale ma è un progetto di grandissimo interesse scenico per l’intelligenza con cui Carmine Borrino è riuscito a rivitalizzare un modello vecchio e disprezzato, facendolo rinascere attraverso la calibrata trasformazione di alcuni tratti peculiari, una trasformazione che non cancella le dinamiche canoniche dell’epopea tradizionale ma ne ricontestualizza valori, codici e linguaggi, intuendo una seducente continuità di gusto tra l’esagerata esibizione del dolore e della passione, del desiderio e della gelosia – propri della sceneggiata - e una certa cifra kitsch che esplode felicemente nell’immaginario popolare e metropolitano dei nostri tempi (vedi il successo cinematografico di Almodovar o Bigas Luna).
Ovviamente, trattandosi di una sceneggiata del terzo millennio, al centro del triangolo passionale non c’è più l’eroina femminile contesa da un protagonista buono ed un antagonista cattivo (‘o malamente), ma piuttosto un debole prototipo di virilità maschile, indolente e superficiale, per il cui possesso si affrontano due donne estremamente diverse ma ugualmente fiere: un’ucraina sradicata a suon di promesse dalla sua patria (una credibilissima e ottima Melania Esposito) e una napoletana determinata ed ambiziosa (una giovanissima ma convincente Sara Sacconi).
Così, in una dimensione domestica squallida e spoglia, che richiama alle nostre menti la miseria di alcune realtà dell’hinterland partenopeo, l’epilogo tragico della vicenda del giovane e bel borgataro, assurto inconsapevolmente al ruolo di oggetto del desiderio, diventa la chiave d’accesso per cogliere appieno il desolante spazio umano e lo scalcinato universo affettivo in cui, talora, si può focalizzare il profilo più mesto e malinconico della nostra società, una società che vive nel disperante malinteso storico-televisivo di una fiction che si sovrappone brutalmente alla realtà e di un oroscopo che sostituisce tristemente il domani e la speranza.v